Se da un lato l’idea dei virus mi spaventava (dato che ci tenevo ai miei programmi, ai miei dati e al mio PC) dall’altro li trovavo un’idea geniale. Mentre per gli altri, soprattutto per i così detti “esperti” che scrivevano sulle riviste importanti, i virus non erano altro che una piaga da combattere e gli autori dei criminali da perseguire, per me invece erano quello di più simile ad una creatura vivente che potessi immaginare realizzata in software.
Dopotutto, i virus non facevano altro che cercare di “sopravvivere” replicandosi proprio come delle creature biologiche e l’idea di poter costruire qualcosa che si avvicinasse così tanto al concetto stesso di vita mi affascinava.
Cascade mi aveva sì spaventato, per un (per fortuna) breve periodo mi aveva persino fatto pensare di aver rotto in qualche modo il mio (unico) PC, ma ora che sapevo cos’era, ora che cominciavo a capirne i meccanismi, ora che sapevo che era solo un programma come tanti altri, mi aveva letteralmente aperto una porta su nuovi territori da esplorare… territori che si avvicinavano più alla fantascienza che alla realtà quotidiana.
Spesso leggevo sulle riviste commenti sprezzanti da parte soprattutto di portavoce delle varie case di anti-virus che ne criticavano gli autori dicendo che erano software molto semplici e per nulla indicativi delle capacità e bravura dei loro autori… ma per me non era affatto così e non è così nemmeno oggi, credo anzi che chi scriveva e diceva quelle cose le dicesse semplicemente “pro-forma” per non dimostrasi troppo entusiasta della cosa oppure nel tentativo di santificare la propria missione e spacciarsi così per salvatori dell’umanità e incrementare le vendite dei propri prodotti allo stesso tempo. Più demonizzi il nemico, più crei paura nel pubblico, più facile sarà per te vendere il tuo prodotto, a prescindere che funzioni o no e più verrai visto come “necessario” dagli altri.
Lo scopo di un virus non era certo quello di scrivere un poema epico né quello di ottenere alcun riconoscimento da parte di nessuno (dopotutto gli autori dei virus erano in genere anonimi), ma quello di riuscire a condensare nel più piccolo insieme di istruzioni possibili qualcosa che si comportasse come una minuscola forma di vita in grado di agire “per conto proprio”.
Penso che molti autori di virus dell’epoca (sto sempre parlando degli anni 80 e 90) non intendessero affatto provocare danni (anche se alcuni virus lo facevano, o per errore o per precise istruzioni dei propri autori), ma semplicemente creare qualcosa di “quasi-vivo” in grado di condurre la propria esistenza in modo indipendente.
Molti virus dell’epoca, infatti, non facevano altro che replicarsi passando di floppy in floppy, da BBS a BBS, da computer a computer spesso intrattenendo il malcapitato utente con dei semplici messaggi testuali o grafici a sorpresa senza però né rubare informazioni né danneggiare i dati del suddetto utente. C’erano persino virus il cui compito era stanare e distruggere altri virus ben più dannosi.
A questo, ovviamente, c’erano eccezioni, e onestamente non ho mai capito che piacere si possa provare a provocare a dei perfetti estranei dei danni. Non lo capivo allora e non lo capisco neanche oggi. Alcuni di questi virus arrivavano al punto di creare danni fisici al computer e questo per me andava ben al di là dell’assurdo. I virus non mi interessavano affatto per i danni che potevano fare, come credo la cosa non interessasse nemmeno a gran parte dei loro autori, mi interessavano i trucchetti e le tecniche che i vari autori si erano inventati per potersi nascondere, per potersi replicare,… per poter sopravvivere e adattarsi nelle varie macchine che li ospitavano.
Naturalmente, la quasi totalità dei virus dell’epoca erano scritti in Assembly, e infatti le dimensioni si aggiravano dalle poche decine di byte ai pochi kilobyte per virus (per esempio, il virus Cascade aveva una dimensione di circa 1700 byte, con piccole variazioni a seconda della versione, da cui il nome 170X) sia per passare inosservati che per replicarsi il più velocemente possibile senza lasciare troppe tracce… perciò erano al di là delle mie capacità e conoscenze. Chiunque fossero gli autori erano di certo persone con conoscenze più profonde delle mie… conoscenze che dovevano essere mie.
Come facevano a replicarsi? Come facevano a rimanere attivi in memoria pur permettendo ad altri programmi di eseguirsi in un ambiente mono-tasking come il DOS? Come facevano a cambiare sé stessi nel tentativo di non farsi riconoscere dagli anti-virus (i così detti “virus polimorfici” come era anche Cascade)? E quei, per me, “adorabili” effetti a video come li facevano? Ma soprattutto… come facevo ad ottenere queste conoscenze anche io?
Per me, riuscire a condensare così tanta conoscenza in così pochi byte creando un “essere indipendente” e in grado letteralmente di viaggiare per il mondo di “testa sua” persino al di là dei confini nazionali affrontando rischi e pericoli nel puro e semplice tentativo di sopravvivere, era davvero una forma d’arte.
Oggi quello che negli anni 80 e 90 era solo il passatempo di qualche hobbista interessato a “creare una nuova forma di vita” (o perlomeno simularne una), si è trasformato in un vero e proprio business composto per lo più da veri e propri delinquenti (e in questo includo i nostri governi e le forze dell’ordine) che comprano e rivendono codice malevolo, exploit, ecc. al preciso scopo di danneggiare qualcuno o qualcosa ma, come dicevo, all’epoca i virus erano per lo più sfide dei relativi autori con sé stessi senza troppi secondi fini. Un modo per soddisfare la propria curiosità ed imparare cose nuove che aveva come effetto collaterale quello di trasformare l’intero parco computer mondiale in un enorme laboratorio da esperimenti… un po’ come è la vita stessa.
Se da un lato, per ovvie ragioni, i virus non arricchivano i loro ignoti autori dall’altro più di qualcuno, paradossalmente soprattutto chi denigrava loro e il loro operato, ci ha fatto sopra i miliardi e ci ha costruito sopra la sua intera fortuna, inizialmente vendendo cure specifiche per determinati virus, e poi raggruppando in singoli software cure per molteplici virus… e così nacquero gli anti-virus che usiamo ancora oggi per difenderci dai virus odierni.
Uno di questi fu appunto John McAfee con il suo famoso Viruscan che spopolava in quegli anni grazie al modello Shareware che era in voga in quel periodo. L’antivirus di McAfee era in realtà composto da vari programmi acquistabili separatamente. C’era Viruscan ($25 a copia con un anno di aggiornamenti) che permetteva di scansionare la RAM e i dischi del computer per individuare eventuali infezioni in corso, Clean-Up ($35 a copia con un anno di aggiornamenti) che permetteva l’eliminazione dei virus individuati con il programma precedente, Vshield ($25 a copia con un anno di aggiornamenti) che era in grado di prevenire le infezioni da virus e diverse altre utility che, onestamente, non ho mai avuto la necessità di utilizzare.L’anti-virus di McAfee era accompagnato da un file di testo (VIRLIST.TXT) contenente l’elenco di tutti i virus riconosciuti. Oggi naturalmente, visto l’elevato numero di virus, trojan, malware, ecc. che vengono rilasciati online quotidianamente, sarebbe una cosa improponibile, ma all’epoca, anche grazie al fatto che Internet non c’era o non era abbastanza diffuso e le persone in grado di crearli non erano poi tante, non c’erano più di qualche centinaio di virus conosciuti in giro (VIRLIST.TXT della versione 84 di Viruscan riporta solo 900 virus, varianti incluse, che all’epoca mi sembravano davvero tanti) ed era davvero interessante per me scorrere quella lista e leggere i nomi dei vari virus. In qualche modo quei virus erano riusciti a sopravvivere e diffondersi abbastanza a lungo da abbandonare i paesi di origine e finire in quella lista.
Sfortunatamente VIRLIST.TXT non forniva molti dettagli sui vari virus. Si limitava a dire in modo molto generico qual’era il tipo di virus, quali danni fosse in grado di provocare, che genere di file era in grado di infettare ma non diceva nulla sulle eventuali animazioni che il virus mostrava allo sfortunato utente, né nulla su come il virus fosse in grado di riprodursi, o di rimanere in memoria, o di nascondersi.Ci vollero diversi anni perché ne capissi davvero i meccanismi e trovassi la documentazione necessaria (per lo più su CDROM di nicchia trovati per puro caso in un negozio di informatica della mia città che riportavano messaggi pubblicati su varie BBS per lo più americane o comunque anglofone); sfortunatamente non avevo libri sull’assembly, né informazioni sugli Interrupt, né libri che spiegassero i dettagli di funzionamento dei virus e Internet non era nemmeno parte dei miei sogni più fantasiosi perciò non avevo davvero modo per informarmi.
Per ora dovevo accontentarmi del BASIC, di sperimentare con il DOS e le sue utility e del trial&error come avevano fatto tanti altri prima di me. Imparare ed esplorare qualcosa di vasto come era l’informatica di quegli anni richiedeva un sacco di tempo, passione e dedizione… e a me, almeno questi, non mancavano.